Nell’ambito del Festival della Scienza 2020 si è svolta un’interessante conferenza-incontro col titolo “Portunalia: i mari, i porti, il crimine”, svolta solo in streaming, causa Covid 19.

Desidero illustrare i punti principali di questa tavola rotonda su un tema importante per la nostra Associazione, soprattutto perché uno dei relatori è Marco Antonelli uno dei nostri volontari di Libera Spezia e il suo intervento si basa su una sua ricerca sulle attività illecite e sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel mondo portuale, specialmente nei porti di Genova e Gioia Tauro. Partecipano con lui in questo incontro altre due personalità importanti sull’argomento come: Luca Storti, esperto sul tema dei rapporti economici tra porti e città, e Anna Sergi, criminologa, esperta di infiltrazioni della ‘Ndrangheta in vari porti ,sia italiani che stranieri; quest’ultima è inoltre persona vicina a Libera, che aveva trattato questo argomento, partendo dalle sue esperienze, nell’ambito di Contromafie del 2018 a Trieste.

  • Primo punto importante : cosa può fare la criminalità organizzata nei porti, e cosa non può fare da sola.

Le principali attività  delle criminalità organizzate sono: il traffico di stupefacenti, principalmente di cocaina con rotta dal Sud America, di eroina e cannabinoidi nei porti di Genova e Gioia Tauro; il traffico di armi, di materiale di contrabbando, di rifiuti. Poiché esiste un’interfaccia continua tra porto e città, le organizzazioni criminali possono gestire non solo traffici illeciti, ma anche infiltrarsi in quelli leciti ( come infiltrazioni sugli appalti, sulle transazioni economiche, attraverso fenomeni di corruzione ecc..).

Le organizzazioni mafiose, anche se molto potenti, non possono intervenire da sole su molti aspetti delle attività portualicome le rotte di trasporto merci; esse possono solo sfruttare le rotte già esistenti , per inserirvi i  loro traffici illeciti: per esempio inserire sostanze stupefacenti in container che contengono altre merci e che seguono rotte già predisposte.

  • Secondo punto: Dicotomia del Porto e come questa viene sfruttata dalle organizzazioni criminali per infiltrarsi ed effettuare i loro traffici illeciti.

IL Porto è un luogo collegato con tutto il mondo, attraverso rotte globali: quindi è un” luogo aperto”.

Nello stesso tempo però esso è un” luogo interdetto”, cioè chiuso ed accessibile solo al personale autorizzato.

Ci chiediamo dunque come riescano ad entrare le organizzazioni mafiose nel porto se esso è interdetto!

Vi sono due modi principali:

  1. Vi sono persone che appartengono alle organizzazioni criminali( es. affiliati all’Ndrangheta), che sono riuscite a farsi assumere per lavorare all’interno del porto ( es: in società cooperative di pulizie ecc..), ed in questo modo riescono ad ottenere collegamenti continui con l’economia legale. Questo avviene soprattutto nel porto di Gioia Tauro.
  2. Le organizzazioni criminali spesso non riescono ad entrare direttamente nelle realtà portuali molto complesse e inaccessibili dall’esterno, per motivi fisici ( porto sviluppato in lunghezza sulla costa, stretto tra mare e terra ), o per motivi di” linguaggio “( codici difficilmente decifrabili da persone non facenti parte di quel mondo).

In questo caso la criminalità organizzata deve trovare le chiavi per infiltrarsi nelle economie legali; le ottiene con sponde interne al porto, con le cosiddette “Economie o Strutture di Servizio”. Esse sono costituite da persone che lavorano all’interno del porto, le quali non fanno parte direttamente di un’organizzazione mafiosa, ma possono interfacciarsi con organizzazioni criminali diverse, a seconda delle loro necessità e dei loro interessi. Queste persone all’interno del porto, possono ad esempio avvertire l’organizzazione se il container usato per il traffico illecito( dove sono state introdotte sostanze stupefacenti, nascoste tra altre merci legali), verrà controllato dalle autorità doganali o dalla Polizia( container “attenzionato”) in quel determinato scalo. In questo modo la mafia potrà agire tempestivamente per evitare l’intoppo. Questo avviene soprattutto nel porto di Genova.

Il successo dei gruppi criminali spesso è dovuto alla capacità di saltare i numerosi vincoli del sistema economico e politico, presenti a protezione della realtà portuale, o con persone infiltrate dentro il porto, o attraverso meccanismi clientelari, corruttivi o violenti !

Spesso è possibile all’organizzazione mafiosa  infiltrarsi nella realtà portuale, perché l’economia del porto segue le leggi del mercato. Sono quindi frequenti episodi di corruzione nei confronti di imprenditori, amministratori, i quali gestiscono l’economia legale del porto. Sono stati osservati casi di imprenditori che evitavano il blocco di traffici illeciti nelle proprie rotte, allo scopo di avere un profitto o un’importanza maggiore del proprio scalo portuale, rispetto a quello di un’altra città. Un altro modo di infiltrazione delle organizzazioni mafiose è mandare   persone di loro fiducia a disposizione degli imprenditori portuali, che si prestino ad evitare lo svolgersi di scioperi tra i lavoratori di un determinato porto, evitando notevoli perdite economiche all’imprenditore stesso.

L’azione di contrasto ai traffici illeciti nei porti è svolta soprattutto dalla guardia di finanza, ma è un lavoro molto complesso per vari motivi:

  1. È possibile bloccare un nodo, un momento del traffico, ma non si può fermare tutta una rotta utilizzata per molte navi.
  2. Entrare nei terminal, per aprire tutti i container, è difficile e si può effettuare raramente perché causerebbe notevoli perdite di tempo ed economiche per il porto. Si può fare solo un lavoro di contenimento mirato, se vi è stata una segnalazione a priori di un possibile trasporto di merce illecita in quella determinata rotta ed effettuare, solo in questo caso, tutti i controlli, più accurati possibili.