Buongiorno cari lettori di Libera! Questo mese il nostro inserto di Memoria lo dedichiamo ad alcune delle vittime innocenti uccise per mano mafiosa nel mese di Aprile e che appartenevano alle forze dell’ordine.
27 aprile 1969 // La storia di Orazio Costantino
Era un carabiniere in servizio a Casteldaccia (PA). Venne ucciso il 27 aprile 1969 durante un’operazione investigativa. Insieme ad altri colleghi, aveva atteso per circa dodici ore un delinquente che doveva prelevare una somma depositata in aperta campagna, risultato di un’estorsione. Quando l’estorsore arrivò, ci fu uno scontro a fuoco che ridusse Costantino in fin di vita. Il giovane carabiniere riuscì comunque a fornire agli investigatori dettagli utili a identificare il criminale prima di morire.
1 aprile 1977 // La storia di Vincenzo Caruso e Stefano Condello
L’Appuntato Stefano Condello e il Carabiniere Vincenzo Caruso, in servizio al Nucleo Radiomobile del Comando Compagnia Carabinieri di Taurianova, il 1° aprile 1977 in contrada Razzà scoprirono undici mafiosi a convegno in una casa colonica. Vennero uccisi nel conflitto a fuoco.
6 aprile 1979 / / La storia di Vincenzo Russo
Prestava servizio come brigadiere della Polizia Ferroviaria a Reggio Calabria e a Castelvetrano (TP). Fu ucciso poco dopo l’alba del 6 Aprile 1979 all’interno della Stazione Centrale di Palermo. Era stato comandato, insieme alla Guardia Mustazza Antonino, di 29 anni, di scorta sul treno locale per Sant’Agata di Militello al sacco postale, contenente circa un miliardo di lire in denaro contante e assegni. La Guardia Mustazza precedeva il carrello, che era spinto dall’impiegato, mentre il Brigadiere Russo chiudeva la scorta. Sul marciapiede, molte persone attendevano la partenza del treno per Catania. Improvvisamente dal treno per Sant’Agata scesero quattro persone, mascherate e armate: due davanti e due dietro il carrello. Uno dei due malviventi scesi alle spalle della scorta, corse verso il Brigadiere Russo e gli sparò a bruciapelo alla nuca, uccidendolo. Un secondo rapinatore sparò alla Guardia Mustazza, ma questi riuscì a evitare il colpo gettandosi dietro una colonna e, imbracciando il mitra, rispose al fuoco. I rapinatori cercarono di portar via il carrello, ma nel frattempo la Guardia Bonanno, in servizio all’ufficio Polfer, sentiti gli spari si precipitò fuori, ingaggiando un violento conflitto a fuoco con i rapinatori, che si diedero alla fuga. Antonino Mustazza, ricoverato in ospedale, sopravvisse.
27 aprile 1983 // La storia di Gioacchino Crisafulli
Appuntato dei carabinieri in congedo. Venne ucciso il 27 aprile del 1983 perché si insospettì per le manovre di un camion che trasportava soldi provenienti dal traffico di droga.
10 aprile 1987 // La storia di Rosario Iozia
Era comandante della Squadriglia carabinieri di Cittanova, operante nelle zone a elevato indice di criminalità organizzata tra la Piana di Gioa Tauro e l’Aspromonte. Il 10 aprile 1987 era fuori dal servizio ma affrontò ugualmente, da solo, un pericoloso latitante che si accompagnava ad altri malviventi. Ci fu un violento scontro a fuoco nel corso del quale venne ucciso.
4 aprile 1991 // La storia di Salvatore D’Addario
Era un poliziotto. Aveva 31 anni quando fu ferito a Napoli, il 30 marzo del 1991, nel corso di un conflitto a fuoco tra due gruppi di malavitosi, che si fronteggiavano all’indomani della strage del Venerdì Santo. Un commando, appartenente alla frangia ribelle, uccise tre affiliati al clan Mariano e ne ferì cinque. Il giorno dopo, arrivò la risposta dei Picuozzi a Porta Nolana, dove i killer inviati dal boss Ciro Mariano, cercando di ammazzare tre scissionisti, spararono tra la folla. Il poliziotto, in servizio al Compartimento della Polizia Postale, stava passeggiando in via Cosma a Porta Nolana, libero dal servizio, in compagnia della moglie e dei suoi due bambini, quando si rese conto della grave situazione di pericolo venutasi a creare. Cercò di proteggere la sua famiglia all’interno di un negozio, poi intervenne nel tentativo di sventare l’agguato. Fu colpito da diversi colpi d’arma da fuoco.
I criminali, a bordo di un furgone, nel corso della fuga, andarono anche oltre: schiacciarono il poliziotto contro un palo dell’illuminazione pubblica. Ricoverato d’urgenza all’ospedale Loreto Mare, D’Addario morì il 4 aprile a seguito delle gravi ferite riportate.
Questo mese come impegno di memoria vi suggeriamo il film documentario, uscito nelle sale lo scorso 21 Marzo, in occasione della XXVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo di tutte le vittime innocenti delle mafie: “Io lo so chi siete” firmato da Alessandro Colizzi e Silvia Cossu.
Cinque agosto 1989, Antonino Agostino, agente di polizia della questura di Palermo, viene ucciso insieme alla sua giovane moglie incinta, Ida Castelluccio, davanti alla sua casa di famiglia a Villagrazia di Carini. Sono passati circa trentatre’ anni da quel giorno, e suo padre Vincenzo Agostino continua a battersi con forza e determinazione per richiedere verità su questa tragica uccisione avvenuta per mano della mafia. La storia di Vincenzo, un uomo che non si è più tagliato né barba né capelli in attesa di giustizia, ce la racconta Alessandro Colizzi nel documentario dal titolo “Io lo so chi siete” (come le ultime parole dette prima di morire da Ida Castelluccio agli aggressori). Lo doveva inizialmente produrre la Rai, alla fine è stato autoprodotto, e uscirà nelle sale il 21 marzo distribuito da Mescalito Film. “Mi ha colpito molto il personaggio di Vincenzo Agostino. È come se la sua vita si fosse fermata. Non è mai riuscito ad elaborare questo lutto. È una persona generosa che ha vissuto un dolore atroce e che ha combattuto tutta la vita insieme a sua moglie alla ricerca della verità”, dice la sceneggiatrice Silvia Cossu.
Un uomo che non si è mai arreso nonostante l’incredibile muro di gomma che si è trovato di fronte negli ultimi trent’anni, diventando, insieme a sua moglie (scomparsa a febbraio del 2019) per moltissimi cittadini un simbolo di dignità e resistenza. Tanto materiale storico (“potevamo fare un doc di tre ore ma abbiamo scelto di condensare tutto in un’ora”) e varie interviste dalla sorella Flora Agostino (“il fratello maggiore, Nino, non si è mai ripreso dal trauma e non ha voluto parlare e anche l’altra sorella, Nunzia, non se l’è sentita”) al giornalista di criminalità mafiosa Attilio Bolzoni fino alla giornalista Stefania Limiti compongono questo documentario vincitore del premio del pubblico alla 66esima edizione del Taormina Film Fest. “Purtroppo non credo che Vincenzo saprà mai il motivo per cui suo figlio è stato ucciso”, dice Alessandro Colizzi. I mandanti e gli esecutori dell’omicidio Agostino infatti sono tuttora ignoti. La notte dell’uccisione di Antonino Agostino alcuni appartenenti alle forze dell’ordine entrarono nell’abitazione dei coniugi uccisi e requisirono degli appunti manoscritti che il poliziotto teneva nascosti in un armadio. Molti ritengono essere lui l’agente che, solo un mese prima, avrebbe contribuito a sventare l’attentato all’Addaura. Ai funerali del poliziotto e della moglie erano presenti anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e Falcone confidò a un amico: “A quel ragazzo devo la vita”. Carte scomparse, verbali d’interrogatorio mai più ritrovati, armadi svuotati, denunce insabbiate, ritardi, omissioni, depistaggi, e un’improbabile pista passionale seguita dagli inquirenti per mesi, caratterizzano una delle vicende più oscure dei misteri siciliani irrisolti.