Buongiorno lettori di Libera! Questo mese vogliamo ricordare alcune delle vittime innocenti uccise   per mano della ‘ndrangheta nel mese di marzo.

22 marzo 1976 // La storia di Caterina Liberti, 36 anni

Caterina, una giovane donna di 36 anni, per vivere faceva la contadina nella sua terra in Calabria. Le spararono nella piazza di Motticella, una frazione di Bruzzano Zeffirio (RC). Uccisa probabilmente perché aveva infranto le regole dell’omertà, denunciando il furto di quattro capre. Due fucilate a distanza ravvicinata da uno sconosciuto per punirla, ma il killer sbagliò la mira e Caterina, dopo giorni di agonia in ospedale, non è sopravvissuta. Aveva una figlia di 14 anni.

12 marzo 1977 // La storia di Rocco Gatto

Rocco nacque nel 1926, primo di 15 figli. Da bambino aiutò il padre Pasquale come garzone in un mulino di Gioiosa Ionica, nel cuore della Locride e da grande ne divenne proprietario. Siamo nel 1964. Allora cominciarono i guai, sotto forma di richieste dalla cosca padrona, gli Ursini. Soldi al boss Rocco non ne ha mai voluti dare. Hanno provato a piegarlo in tutti i modi: i furti, gli incendi al mulino, le minacce. Dal 1974 la morsa del clan si fa stringente. Più volte Luigi Ursini e Mario Simonetta si fecero vedere al mulino, chiedendo e pretendendo. Rocco Gatto denunciò al Capitano dei Carabinieri Gennaro Niglio le continue pressioni subite. Il 12 marzo del 1977 i mafiosi gli tesero un agguato mentre Rocco, alla guida del suo furgone, faceva il giro per raccogliere i sacchi di grano da macinare.

25 marzo 1982 // La storia di Luigi Gravina  

Ucciso per essersi rifiutato di cedere ai ricatti dei suoi estorsori. Aveva un’attività commerciale e quel pomeriggio del 25 marzo si presentarono in due nel suo negozio e lo uccisero a colpi di arma da fuoco. Era sposato e aveva 5 figli. La sua morte e il processo furono un’occasione di forte motivazione per gli altri commercianti di Paola, che confermarono il clima forte di intimidazione da parte della locale di ‘ndrangheta, il clan Serpa.

13 marzo 1985 // La storia di Sergio Cosmai, 36 anni

Laureato in giurisprudenza presso l’Università di Bari, fu vice direttore delle carceri di Trani, Lecce e Palermo e direttore di quelle di Locri, Crotone e Cosenza. A Cosenza giunge nel settembre del 1982. Si impegna nella gestione di una popolazione detenuta poco rispettosa dell’autorità dello Stato, dedicando gli ultimi tre anni della sua vita alla riorganizzazione dell’istituto di pena cosentino e alla lotta contro la criminalità organizzata, massicciamente presente nell’istituto di pena di Cosenza. Nel capoluogo bruzio, dove arrivò nel settembre del 1982, si occupò della riorganizzazione dell’istituto di pena e della lotta contro la criminalità organizzata. Alle ore 14.00 del 12 marzo 1985, Cosmai si stava recando all’asilo per prelevare la figlia Rossella, di appena 3 anni, quando nel tratto della SS 19 che collega Cosenza a Roges (Rende) ora via Cosmai, si affiancò alla sua Fiat 500 gialla un’autovettura dalla quale partirono undici proiettili calibro 38 che lo colpirono alla testa. La moglie Tiziana Palazzo era incinta del secondo figlio Sergio, che nacque un mese dopo la morte del papà.

25 marzo 1985 // La storia di Domenico Demaio

Sindaco democristiano di Platì, lavorava all’ufficio imposte dirette di Locri. Ucciso mentre a bordo della propria auto stava rientrando al paese insieme alla figlia Antonella di 17 anni. Dopo un inseguimento in auto, Demaio cerca scampo buttandosi nella scarpata, ma i killer lo raggiungono, colpendolo alla nuca. Secondo quanto emerse dalle indagini dei carabinieri, Demaio sarebbe stato ucciso per vendetta dopo che si era opposto, anche tramite manifesti murali, e aveva riacquisito al patrimonio del Comune cento ettari di terreno occupato abusivamente da esponenti della famiglia Barbaro per il pascolo delle loro greggi. In seguito l’accusa non resse. Aveva 46 anni.

20 marzo 1989 // La storia di Vincenzo Grasso

Era un commerciante che aveva costruito la sua attività diventando titolare di una concessionaria di auto partendo dal niente e affidandosi alla sua forte volontà e alla sua determinazione. Fu oggetto come molti altri imprenditori di Locri delle attenzioni della criminalità organizzata, che era solita estorcere denaro ai commercianti. Cecè si rifiutò e denunciò fin dalle prime richieste ricevute nel 1982. Richieste di mazzette, telefonate minatorie, una lunga lista di minacce e di relative denunce, dal 1982 al 1989. Poi l’agguato, il 20 marzo 1989. Era quasi l’ora di cena quando due killer entrarono in azione sparandogli davanti alla saracinesca della sua officina.

12 marzo 1991 // La storia di Antonio Valenti, 31 anni

Antonio Valenti lavorava come contabile presso la ditta “Gallo Bitumi”. I proprietari dell’impresa da anni continuavano a subire e denunciare ingenti richieste estorsive nei loro confronti. La sera dell’11 marzo 1991 a Locri, Antonio fu ferito gravemente da colpi di arma da fuoco e morì il giorno dopo. Ucciso per ritorsione nei confronti dei suoi datori di lavoro, che non avevano voluto piegarsi alle richieste della ‘ndrangheta.

20 marzo 1993 // La storia di Domenico Nicolò Pandolfo, 51 anni

Primario neurochirurgico agli ospedali Riuniti di Reggio Calabria, sposato con Maria Cutrìe e padre di tre figli. Fu ammazzato a colpi di pistola a Locri. La sua unica colpa, quella di non essere riuscito a strappare alla morte Paola, dieci anni, figlia del boss Cosimo Cordì, colpita da un tumore al cervello. L’omicidio avvenne intorno alle 11.00 del mattino del 20 marzo 1993: alcuni killer freddarono il medico con 7 colpi di pistola calibro 7,65, a poche decine di metri dall’ingresso del nosocomio locrese, uno dei maggiori della regione.

 16 marzo 1994 // La storia di Angela Costantino, 25 anni

Angela Costantino era la moglie del boss ‘ndranghetista Pietro Lo Giudice. Appena 25enne e madre di 4 figli, Angela scomparve dalla sua casa di via XXV Luglio a Reggio Calabria nelle prime ore del giorno del 16 marzo. Il suo corpo non è stato mai più ritrovato e per il suo omicidio sono stati condannati a 30 anni di carcere Bruno Stilo e Fortunato Pennestrì, ritenuti rispettivamente mandante ed esecutore materiale dell’omicidio. Una morte quella di Angela, stando alla ricostruzione dei magistrati, decretata dalla cosca con un vero e proprio “accordo di famiglia”, per lavare l’onore del capoclan Pietro Lo Giudice, allora detenuto. Angela infatti, durante la detenzione di suo marito, aveva avviato una relazione extraconiugale, che probabilmente l’aveva condotta a una nuova gravidanza. Un tradimento secondo il clan, che decise di punire la giovane donna prima costringendola all’aborto e poi facendola scomparire nel nulla.

26 marzo 1994 // La storia di Maria Teresa Pugliese, 54 anni

Venne uccisa il 26 marzo 1994 a Locri. E’ stata uccisa con un colpo di lupara. Un colpo secco, preciso. Stava uscendo per andare a una cena del Rotary, assieme al marito, noto pediatra, persona stimata, il dottor Domenico Speziali, che fu sindaco di Locri in una breve stagione amministrativa le indagini hanno permesso di appurare che la morte della donna non fu casuale e che invece i killer agirono con il preciso obiettivo di uccidere Maria Teresa Pugliese.

2 marzo 2002 // La storia di Torquato Ciriaco, 55 anni

Torquato Ciriaco era in trattative per l’acquisto di una cava d’inerti dell’impresa Lo Russo a Maida. Ma la stessa cava era stata presa di mira dal clan Anello-Fruci che controllava la zona a cavallo tra le province di Catanzaro e Vibo. Sembra che negli ultimi mesi della sua vita Ciriaco volesse allontanarsi da questo affare spinoso, ma secondo gli inquirenti la cosca interessata pensò di sistemare tutto con l’eliminazione dell’avvocato. Una Fiat Punto bianca affiancò nella notte del primo marzo del 2002 il fuoristrada guidato da Ciriaco al bivio del Calderaio e l’uccise con diversi colpi di fucile caricato a pallettoni.

30 marzo 2005// La storia di Daniele Polimeni, 19 anni

Aveva appena 19 anni quando fu ucciso, il 30 marzo del 2005 a Favazzina, in provincia di Reggio Calabria. Appassionato di calcio, era cresciuto in un quartiere difficile di Reggio, di quelli che non offrono grandi opportunità. Così Daniele finisce nella rete della piccola delinquenza. Il 30 marzo del 2005 ha un appuntamento a Favazzina, una zona di mare a pochi minuti da Scilla. Ma quell’appuntamento sarà la sua trappola mortale. Fu ucciso a colpi di pistola, denudato e poi dato alle fiamme. In fiamme finisce anche la sua auto, riportata dal killer fino al quartiere San Gregorio di Reggio. L’auto bruciata viene trovata la sera stessa, il corpo carbonizzato il giorno dopo. Poi, finalmente, le due cose vengono messe in correlazione.

Questo mese come impegno di memoria vi proponiamo due letture ed un video

1) “Fimmine ribelli”.  Come le donne salveranno il paese dalla ’ndrangheta , di Lirio Abate

2) “La scelta di Lea”. Lea Garofalo. La ribellione di una donna della ‘ndrangheta, di Marika Demaria 

3) “Una femmina”, il film di Francesco Costabile, liberamente ispirato al libro inchiesta Fimmine ribelli: come le donne salveranno il Paese dalla ‘Ndrangheta, del giornalista Lirio Abbate che ha curato anche la sceneggiatura, è uscito nelle sale giovedì 17 febbraio.