Cari lettori di Libera, ci ritroviamo a settembre, mese di nuovi inizi e di propositi, la pacchia estiva purtroppo è finita e ci ritroviamo di nuovo al lavoro o alle scrivanie a studiare. In questo mese vorremmo ricordare tutte quelle vittime innocenti che sono morte per un ideale che portavano alto nelle loro lotte sindacali.

22 settembre 1919 // La storia di Giuseppe Rumore, 46 anni

Giuseppe Rumore mosse i suoi primi passi all’interno del movimento contadino nei primi del ‘900 per poi ricoprire la carica di segretario della sezione socialista e dei reduci di guerra. L’8 giugno 1919, la Federazione decise di aderire alla Confederazione generale del lavoro. Scopo essenziale di tutta quest’attività era, per Rumore, la costituzione di un unico fronte tra i lavoratori delle leghe e gli operai di Palermo contro i grandi gabelloti e i proprietari, per porre fine alle loro prepotenze e iniziare una nuova era di giustizia sociale. Il 31 agosto 1919 si tenne a Prizzi un grande comizio, cui seguirono quelli di Palazzo Adriano e dei comuni vicini. La sfida alla mafia era dichiaratamente aperta e spregiudicata. La risposta non si fece attendere. La mafia dei grandi latifondisti doveva mostrare tutta la sua forza, la sua autorità. Nella notte del 22 settembre, Giuseppe viene ucciso davanti alla sua abitazione, sotto gli occhi della moglie e della figlia di quattro anni.

11 settembre 1945 // La storia di Agostino D’Alessandro

Agostino D’Alessandro, segretario della Camera del Lavoro di Ficarazzi (PA). La sua azione politica e sindacale aveva toccato uno dei punti più sensibili del potere mafioso nella zona dei giardini: l’acqua di irrigazione. D’Alessandro era un guardiano di pozzi e conosceva dal di dentro l’ingranaggio della sopraffazione esercitata dai padroni dei pozzi a danno dei coltivatori. Iniziò a denunciare. Lo invitarono a lasciar perdere. E più insistevano, più denunciava e alzava la voce. Ma pagò con la vita. L’11 settembre 1945, killer armati di pistola lo colpirono a morte a Ficarazzi.

27 settembre 1960 // La storia di Paolo Bongiorno, 38 anni

Paolo Bongiorno era un contadino e ricopriva la carica di segretario della Camera del Lavoro di Lucca Sicula. Sin dal 1944, fu inserito nelle liste dei candidati del Pci al consiglio comunale per le elezioni del 1960. Venne assassinato a colpi di arma da fuoco mentre rientrava a casa il 27 settembre dello stesso anno. Sugli indumenti che indossava quando l’ammazzarono, Paolo teneva una lettera a sua firma, intestata alla CGIL, in cui informava che stava riunendo i lavoratori per lo “sciopero generale del primo ottobre”.

13 settembre 1978 // La storia di Pasquale Cappuccio, 44 anni

Era consigliere comunale socialista a Ottaviano (NA). Denunciò più volte la collusione della malavita con la politica in riferimento ad appalti e speculazioni edilizie volute da Cutolo e appoggiate dall’ex sindaco di Ottaviano, ex assessore provinciale, ex socialdemocratico tra i più votati in Italia, Salvatore La Marca. Il 13 settembre 1978 fu vittima di un feroce agguato. Mentre tornava a casa con la moglie, l’auto che guidava venne crivellata di colpi. Cappuccio morì sul colpo.

26 settembre 1988 // La storia di Mauro Rostagno, 46 anni

Mauro Rostagno, figlio di genitori piemontesi entrambi dipendenti Fiat, crebbe a Torino, in una casa popolare nella zona di corso Dante. Nel 1960, a 18 anni, si sposò con una ragazza poco più giovane di lui, dalla quale ebbe la prima figlia. Per tale motivo non riuscì subito a conseguire la ormai prossima maturità scientifica. Dopo pochi mesi lasciò la moglie e la figlia e si allontanò dall’Italia. Andò prima in Germania poi in Inghilterra, dove si adattò a svolgere i mestieri più umili. Tornato in Italia, si stabilì a Milano dove, presa la licenza liceale con il proposito di fare il giornalista, rimase coinvolto in un clamoroso gesto di protesta, rischiando di essere investito da un tram mentre sotto il consolato spagnolo si protestava per la morte di un ragazzo ucciso in Spagna dal regime franchista. A Trento si iscrisse alla neonata facoltà di Sociologia, divenendo ben presto uno dei leader di punta del movimento degli studenti attivi in città. Insieme ad altri studenti quali Marco Boato, Renato Curcio, Mara Cagol, Marianella Pirzio Biroli, dal 1966 animò il movimento degli studenti dell’Università di Trento che culminerà, nel 1968, con una pesante stagione di contestazioni. Nel 1969, Mauro Rostagno, marxista libertario, fu tra i fondatori del movimento Lotta Continua, insieme ad Adriano Sofri, Guido Viale, Marco Boato, Giorgio Pietrostefani, Paolo Brogi ed Enrico Deaglio. Nel 1970 si laureò in sociologia con una tesi di gruppo su Rapporto tra partiti, sindacati e movimenti di massa in Germania, con una provocatoria discussione, nonostante la quale ricevette il massimo dei voti e la lode. Nel 1981 fondò vicino a Trapani la “comunità Saman”, insieme a Francesco Cardella ed Elisabetta Chicca Roveri. All’inizio si trattò di una comune arancione, Centro di Meditazione di Osho, successivamente divenne comunità terapeutica che si occupava, tra l’altro, del recupero di persone tossicodipendenti. Dalla metà degli anni ’80 lavorò come giornalista e conduttore anche per l’emittente televisiva locale Radio Tele Cine (RTC), dove in seguito si avvalse della collaborazione anche di alcuni ragazzi della Saman. Attraverso la TV denunciò le collusioni tra mafia e politica locale. Il 26 settembre 1988 pagò la sua passione sociale e il suo coraggio con la vita: venne infatti assassinato per mano mafiosa, in un agguato in contrada Lenzi, a poche centinaia di metri dalla sede della Saman, all’interno della sua auto. Aveva 46 anni.

Per questo mese vi consigliamo la visione del film “Placido Rizzotto” film del 2000 che racconta appunto, la vita del sindacalista ucciso dalla mafia nel 1948.