*Il nome utilizzato “Vanessa” è un nome di fantasia
Vanessa ha tredici anni, frequenta la terza media nel quartiere di Cornigliano. Si presenta allo sportello d’ascolto il primo giorno in cui attiviamo il servizio, ad ottobre 2020. La professoressa di italiano mi segnala il suo caso con una lunga telefonata di aggiornamento qualche giorno prima, dimostrando quanto sia preziosa e speciale l’alleanza educativa instaurata negli anni tra noi educatori/educatrici e gli insegnanti della scuola.
Vanessa è una ragazza bella e solare, simpatica, presente, profonda, positiva. L’ho già incrociata qualche volta negli anni passati, quando tenevo laboratori creativi alle elementari. Infatti mi dice che si ricorda di me e dei laboratori, si era divertita ed era stata bene.
Si apre immediatamente, raccontandomi la sua situazione senza esitazioni, con grande fiducia e onestà: da quando frequenta la scuola primaria vive in comunità, non può vedere i genitori neanche con incontri protetti perché entrambi hanno tradito la sua fiducia mettendola in grave pericolo, e ancora oggi in tribunale la madre ha screditato la testimonianza della figlia. Vanessa sogna solo di avere una famiglia normale, la quotidianità della casa, l’intimità, la sicurezza affettiva di un padre e una madre accudenti e adeguati. Mi stupisce per la lucidità e la consapevolezza con cui mi descrive la sua vita, il suo essersi fatta carico dei genitori per tutti questi anni, la sfiducia verso il mondo adulto e le istituzioni (assistenti sociali e giudici) che invece di proteggerla tempestivamente l’hanno abbandonata a se stessa. Fortunatamente gli educatori e le educatrici della comunità sono per lei figure salde e comprensive, adulti che ascoltano e che lei sente ‘dalla sua parte’. Non vuole affrontare una terapia con una psicologa perchè non si fida di adulti che non conosce. Invece con me, forse per la conoscenza pregressa, o il ruolo non istituzionale che ricopro, si sente tranquilla a condividere.
Indaghiamo le tante risorse che fioriscono in lei, la sua creatività, l’impegno, la socievolezza, una incredibile capacità di ascolto ed empatia. Mi confida che da grande ha il sogno di fare l’educatrice; infatti venire allo sportello è anche un po’ come imparare: lo spazio di ascolto che si crea è speciale per lei su più livelli di consapevolezza. Si vuole impegnare quest’anno ad avere buoni voti per iscriversi al liceo socio-psico-pedagogico perchè sa che, se riesce ad accogliere e superare le difficoltà che la vita le ha offerto, queste si trasformeranno in strumenti e risorse, per lei e per gli altri.
Questa è solo una delle tante storie che confermano la preziosità e l’importanza di uno spazio di ascolto ed emersione come lo sportello. I ragazzi e le ragazze hanno voglia di condividere, hanno bisogno di figure adulte che li ascoltino e diano loro fiducia, che sentano al loro fianco e di cui possano fidarsi perché rispettosi dei loro tempi e modi, dei loro desideri sentimenti e bisogni.