“E invece ‘come stai’ è una domanda valida?” mi chiede con un interesse sincero Daniel (nome di fantasia), 2E scuola secondaria di primo grado A. Volta, “Dipende come la intendi, può essere un saluto come ‘ciao’, o può essere un modo di chiedere all’altro di aprirsi a te, e anche tanto. Uno come un altro, ovviamente: l’importante è che quella che fai non sia una domanda scontata, per la quale non possono esserci risposte scontate”. “Ho capito. Allora so cosa chiedere”.

I laboratori maieutici che da 3 anni svolgo presso la scuola A. Volta di Cornigliano riservano sempre sorprese, anche quando l’attività proposta fa parte di un percorso preciso e testato grazie alla partecipazione di svariate classi. Questo perché gli attori in gioco cambiano, cambiano le dinamiche interne al gruppo, cambia il modo nel quale vengono vissute le ore che abbiamo a disposizione, cambiano i luoghi (a causa dell’emergenza Covid-19 stiamo utilizzando uno spazio individuato in accordo con il municipio e la scuola, ma esterno alla stessa), e cambiano anche le singole giornate: un laboratorio fatto un giorno, non avrà mai la stessa risposta che avrebbe avuto fatto il giorno precedente, o quello successivo, perché l’universo che vivono i ragazzi è fatto di invisibili equilibri, in continuo mutamento.

Il laboratorio in questione è stato svolto durante lo scorso mese, durante le due ore a disposizione per la classe di Daniel. Ore che, come ripeto spesso ai partecipanti che indugiano di fronte al “pericolo” di aprirsi con i presenti, hanno lo scopo di farli pensare a loro stessi, per conoscersi e per conoscere l’altro in maniera non giudicante, aperta, correndo sì un rischio nel mostrarsi indifesi con gli altri compagni – con alcuni dei quali magari non vi è neppure un buon rapporto – ma che è un rischio condiviso: se tutti fanno un passo avanti, nessuno rischia nulla, mentre c’è tutto da guadagnarci, soprattutto in fiducia.

Lo scopo del laboratorio del “gomitolo” è proprio la costruzione di fiducia, oltre che di dialogo: seduti in un cerchio, chi ha il gomitolo può lanciarlo a qualcuno e porgli una domanda non scontata, domanda che potrà essere posta al contrario da parte del ricevente, prima di andare oltre e proseguire con il lancio successivo, rimanendo man mano legati dal filo colorato.

Quando Daniel mi chiede se ‘come stai’ potesse essere accettabile, c’erano già diversi suoi compagni che erano stati raggiunti dal gomitolo, ed erano ora legati agli altri. Aveva ascoltato con attenzione, ma era evidente dall’agitazione che tradivano i suoi occhi che stava ribollendo in lui qualcosa.

Gli rispondo, ragiona ancora qualche attimo, lancia la matassa dall’altro lato del cerchio, verso Selim, e come un fiume in piena pone – senza pause – la sua domanda: “Io e te ci conosciamo non da tanto, lo so, ma comunque da un anno e mezzo circa, poi ci siamo persi per quello che è successo, non solo a noi, ma a tutti.. Però ci ho pensato, e prima tu c’eri, poi nella ‘pausa’ ci sei stato, ci sentivamo.. e ora ci sei sempre, e anche io ci sono sempre. Io ti volevo chiedere se per te io sono il tuo migliore amico, perché per me tu lo sei, e non dico solo a scuola, dico proprio per tutto. Quindi ti volevo chiedere questo, ecco”, e Selim: “Sì che sei il mio migliore amico.. sei sicuramente il mio migliore amico. E quindi io sono il tuo migliore amico?” “Sì sì, sicuramente”.