Più di 36.616 beni immobili confiscati in tutta Italia dal 1982 

il 48% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali

5 beni su 10 rimangono ancora da destinare 

In Liguria sono 416 i beni confiscati, erano 142 nel 2014: un incremento del 192% in sei anni. 122 immobili sono già stati destinati, 294 sono ancora in gestione all’Agenzia nazionale

Libera presenta il dossier Fattiperbene

la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni  dall’approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996. 

Censimento di Libera delle esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati:

sono 867 soggetti diversi (come associazioni e cooperative sociali) impegnati nella gestione beni immobili confiscati alla criminalità organizzata

Mediamente nel campione del censimento  

tra il sequestro e l’effettivo riutilizzo sociale trascorrono  10 anni.

Più di 36.600  beni immobili (particelle catastali)  confiscati dal 1982 ad oggi, il 48%  sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, ma ben 5 beni su 10 rimangono ancora da destinare. Il maggior numero di beni immobili confiscati in Sicilia(6906),segue Calabria (2908),Campania(2747),Puglia(1535) e Lombardia(1242). Sono invece 4384 le aziende confiscate di queste il 34% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; il 66% è in questo momento ancora in gestione presso l’Anbsc. Anche qui la Sicilia prima tra le regioni per il numero aziende destinate(533)segue Campania(283),Calabria (204) e Lazio (160). Libera presenta il dossier Fattiperbene la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni dall’approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996.

A venticinque anni dall’approvazione della Legge 109 del 1996- commenta Libera-  è certamente possibile fare un bilancio sul riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia, evidenziando innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze nate grazie alla presenza di beni – immobili, mobili e aziendali – sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all’usura, dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione. Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile per il bene comune. Ma il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post pandemia, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi educativi e culturali. 

Nel dossier Libera elabora i dati dell’Agenzia Nazionale:sono 36.616 i beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi. Circa 17.300 sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali mentre sono 19.309 beni immobili in gestione all’Agenzia (dati aggiornati al 2 marzo 2021), di cui più di 11.000 confiscati in via definitiva (dati al 31 dicembre 2019) e che rimangono ancora da destinare perché presentano varie forme di criticità (per quote indivise, irregolarità urbanistiche, occupazioni abusive e per condizioni strutturali precarie) oppure restano accantonati in attesa delle verifiche dei creditori. Secondo una ricognizione avviata nel corso del 2019 dall’Agenzia nazionale su un campione di indagine di circa 6.000 beni immobili destinati alle amministrazioni comunali, dai riscontri pervenuti su 2.600 beni, risulta che soltanto poco più della metà dei beni è stato poi effettivamente riutilizzato. Dalle relazioni annuali dei Commissari straordinari di Governo e dell’Agenzia nazionale è possibile anche tracciare l’andamento storico delle confische e delle destinazioni, a partire dal 1982 fino ad oggi

In particolare, dal 1982 al 1996 ci sono state 1263 confische e 34 destinazioni: erano i primi anni di applicazione della legge Rognoni – La Torre, durante i quali non era ancora in vigore la legge per il riutilizzo sociale. Nella seconda decade, dal 1996 al 2008 aumentano notevolmente i numeri e nel solo anno 2001 si arriva addirittura a 1023 confische e 315 destinazioni. Negli anni successivi fino al 2019, ultimo anno per cui si dispone della relazione dell’Agenzia, viene riportato solo il dato relativo alle destinazioni, che raggiunge le 1512 nel 2019. L’andamento storico delle destinazione dei beni mobili registrati è tracciabile dal 1982: nella relazione 2017-2018 dell’Agenzia nazionale, infatti, viene riportato che fino al 2018 sono stati destinati 3.829 beni mobili di diversa tipologia, con queste percentuali: Distruzione/Demolizione: 42.07%; Comodato gratuito: 20,55%; Vendita: 18,65%; Assegnazione forze dell’ordine:14,60%; Cessione ai VVFF e soccorso pubblico 4,12%.

Sul fronte delle aziende– commenta Libera- la maggior parte delle aziende confiscate giungono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte però sono scatole vuote, società cartiere o paravento per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e continuità produttiva. Su un totale di 4.384 aziende confiscate dal 1982 ad oggi, quelle destinate sono state quasi tutte liquidate. Ne rimangono in gestione all’Agenzia altre 2.919. Di queste però, secondo i dati risalenti a un anno fa, 1.931 aziende erano in confisca definitiva e solo 481 risultavano attive. Come nel caso degli immobili, anche per le aziende confiscate è possibile rintracciare una progressione storica delle destinazioni: è interessante come negli anni dal 2008 al 2019 si sia passati dalle 5 del 2010 alle 441 del 2019.  

“In questi 25 anni – commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera- abbiamo assistito a un lavoro straordinario: il lavoro della magistratura e delle forze di polizia per individuare i beni frutto degli affari sporchi delle mafie, e renderne operativa la confisca; il lavoro di associazioni ed enti pubblici per restituire davvero quei beni alla gente, trasformandoli in scuole, commissariati, centri aggregativi per giovani e anziani, realtà produttive che offrono lavoro pulito e rafforzano il tessuto sociale ed economico dei territori. Un enorme lavoro corale, insomma, che dopo 25 anni ci chiede però uno scatto ulteriore di impegno, intelligenza e determinazione. La legge può essere migliorata, potenziata sia nel dispositivo che soprattutto nell’attuazione. C’è una debolezza strutturale dello Stato nei confronti delle mafie che vive di lungaggini burocratiche, disordine normativo, competenze non sempre adeguate. Non possiamo permettere che tutto questo si traduca in un messaggio pericoloso: cioè che la 109 è un bluff, uno specchietto per le allodole, nient’altro che un giocattolino per illudere gli onesti.”

Nel dossier Libera ha mappato le esperienze di riutilizzo dei beni confiscati per finalità sociali per  raccontare una nuova Italia, che si è trasformata nel segno evidente di una comunità alternativa a quelle mafiose, che immagina e realizza un nuovo modello di sviluppo territoriale. Libera ha censito 867 soggetti diversi del terzo settore impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli enti locali, in ben 17 regioni su 20. Dai dati raccolti attraverso l’azione territoriale della rete di Libera emerge che più della metà delle realtà sociali è costituito da associazioni di diversa tipologia (468) mentre le cooperative sociali sono 189 (dato comprensivo delle cooperative dei lavoratori delle aziende confiscate e dei consorzi di cooperative).Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, ci sono 11 associazioni sportive dilettantistiche, 23 soggetti del terzo settore che gestiscono servizi di welfare sussidiario in convenzione con enti pubblici (tra cui aziende sanitarie, enti parco e consorzi di Comuni) , 36 associazioni temporanee di scopo o reti di associazioni, 60 realtà del mondo religioso (diocesi, parrocchie e Caritas), 26 fondazioni, 14 gruppi dello scoutismo e infine 6 istituti scolastici di diversi ordini e gradi.  La regione con il maggior numero di realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie è la Sicilia con 218 soggetti gestori, segue la Calabria con 147 , la Campania con 135 e la Lombardia con 133. Mediamente nel campione del censimento di Libera tra il sequestro e l’effettivo riutilizzo sociale trascorrono ben 10 anni.

La situazione a Genova e in Liguria:

Nel 2014 (dati mappatura realizzata da Libera Liguria) questi toccavano le 142 unità: 116 risultavano ancora in gestione all’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, 19 erano stati trasferiti nel patrimonio di comuni liguri, erano stati mantenuti nelle disponibilità dello Stato, mentre 2 si segnalavano come usciti dalla gestione, con un solo bene destinato ma non consegnato.

All’inizio del 2021 (dati Agenzia) gli immobili in gestione all’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati sono 294, dato a cui si aggiungono i 122 immobili che sono già stati destinati: il totale tocca quota 416, con un incremento in sei anni del 192%. 144 degli immobili ancora in attesa di destinazione si trovano nella provincia di Genova (83 nel solo comune capoluogo), con 84 immobili nel savonese, 36 nell’imperiese e 30 nello spezzino. Tra gli immobili destinati, si mettono in evidenza i 77 nella provincia di Genova (68 nel comune di Genova), i 22 della provincia di Savona, i 20 della provincia della Spezia e i 3 della provincia di Imperia. 14 i beni destinati per finalità istituzionali, 74 per finalità sociali, 22 per il soddisfacimento di terzi creditori nell’ambito del procedimento di confisca, 1 per usi governativi. Sui restanti 11 beni destinati non si dispone di informazioni relative alle prospettive di riutilizzo.

Guardando alle aziende, delle 27 aziende confiscate 9 risultano liquidate, 1 ceduta, mentre 17 sono ancora in gestione all’Agenzia.

Così da Libera Liguria“i beni confiscati possono e devono rappresentare una straordinaria occasione per il territorio. Anche in Liguria le esperienze di riutilizzo sociale sono ormai una positiva realtà, ma si può fare di più. Ancora troppi i beni confiscati inutilizzati, ancora troppe le criticità che ostacolano il pieno ed effettivo riutilizzo sociale dei beni già acquisiti dagli enti locali, ancora assente una vera e propria “regia” finanziaria da parte dell’ente regionale, pur in vigenza della legge regionale 7 del 2012 che impegna la Regione a sostenere enti pubblici e soggetti privati nell’ambito del riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Qualcosa è stato fatto, ma non basta: i 25 anni della 109/96 siano l’occasione per un cambio di passo”.

Proseguono da Libera Genova“L’impegno per la piena restituzione alla comunità dei beni confiscati passa anche dalla conoscenza e dalla formazione. Per questo negli ultimi giorni abbiamo promosso diversi momenti di approfondimento in collaborazione con le realtà dell’associazionismo e della cooperazione, tra cui il Circolo ARCI Barabini di Trasta e le Sezioni Soci di Coop Liguria, per questo abbiamo trasferito in una dimensione virtuale il tour dei beni confiscati che da anni offriamo a scuole e gruppi, anche attraverso la realizzazione di una cartina del tour realizzata insieme a Coop Liguria, per questo continueremo a promuovere iniziative attorno a questo tema”.

Le proposte a livello nazionale:

A venticinque anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale, oggi presa a modello in Europa ed a livello internazionale come Libera  evidenziamo alcuni punti rispetto ai quali chiediamo: 

Mafie e corruzione stanno approfittando sempre di più dell’emergenza sanitaria e della crisi economica e sociale, per questo chiediamo l’effettiva estensione ai “corrotti” delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alle mafie, con la loro equiparazione e l’attuazione della riforma del codice antimafia nelle sue positive innovazioni.

L’assegnazione di adeguati strumenti e risorse agli uffici giudiziari competenti e all’Agenzia nazionale in tutto il procedimento di amministrazione dei beni, prevedendo il raccordo fra la fase del sequestro e della confisca fino poi alla destinazione finale del bene ed assicurando il necessario supporto agli enti locali.

La piena accessibilità delle informazioni sui beni sequestrati e confiscati e la promozione di percorsi di progettazione partecipata del terzo settore e di monitoraggio civico dei cittadini.

La destinazione di una quota del Fondo Unico Giustizia, delle liquidità e dei capitali confiscati ai mafiosi e ai corrotti, per rendere fruibili i beni mobili ed immobili e sostenere la continuità delle attività aziendali, tutelandone i lavoratori, nonché per dare supporto a progetti di imprenditorialità giovanile, di economia e inclusione sociale e 

L’utilizzo delle risorse previste per la valorizzazione sociale dei beni confiscati nella proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza Next Generation Eu, assicurando un percorso di trasparenza e di partecipazione civica nella progettazione e nel monitoraggio.